De
observatione ciborum
Antimo, medico greco alla
corte dell’imperatore romano d'Oriente Zenone di Bisanzio, nel
481 commette tradimento mettendosi in contatto con il re ostrogoto
Teodorico Strabone. Si rifugia in Italia presso Teodorico il Grande che
lo invia in missione diplomatica presso i franchi.
Dopo il 511 compone un manuale di dietetica in latino: “De observatione ciborum ad
Theodoricum regem Francorum epistola” di fondamentale importanza
per la storia della cucina. Si tratta, innanzitutto, dell'unico
documento di letteratura gastronomica a noi noto dell'intero periodo
che va dal 500 al 1000 d.C. In secondo luogo, esso testimonia che in
questi secoli si verifica una diffusione su scala europea dei principi
e degli esiti caratteristici della cucina mediterranea d'epoca romana.
In questo mondo, uno “iatròs”, un medico bizantino
(dunque di madre lingua greca) scrive a un re di stirpe germanica
(dunque di lingua tedesca) servendosi della mediazione della lingua
Latina.
Questo è un trattatello nel quale l'autore intende ammaestrare
il suo lettore su come realizzare una cucina di qualità e al
tempo stesso salutare, in quanto fondata su precisi canoni dietetici.
La sapienza mediterranea viene trasferita di peso alla corte dei re
franchi.
Per Antimo occorre prestare attenzione a questo genere di questioni,
troviamo qui un approccio di tipo dietetico alla cucina, dovuto certo
alla professione dell'autore, ma tale anche da far pensare al recupero
di alcuni antichi precetti alimentari che non solo la sfrenata
“luxuria” dei romani ma anche la selvatica voracità
dei guerrieri germanici avevano volentieri ignorato.
Antimo adduce un motivo, per così dire, attuale, per
giustificare la sua scelta.
“Ma se mi si obietta: com'è che altrove vivono popoli che
mangiano carni crude e sanguinolente e restano sani? Dirò che,
quantunque neanche quelli siano da considerarsi del tutto sani,
ciò accade perché hanno elaborato loro antidoti peculiari
quando stanno male si scottano con il fuoco sullo stomaco, o sul
ventre, o su altri organi, come si fa con le cavalle imbizzarrite il
che dà ragione a quanto ho detto. D'altra parte quei popoli
mangiano un solo cibo, come i lupi. Infatti non mangiano che quello di
cui dispongono, cioè carne e latte. E sembrano essere in salute
a causa della scarsa varietà alimentare. Così come il
poco bere dà l'impressione di buona salute. Infatti quando hanno
molto cibo non bevono, mentre lo fanno quando non ne hanno per lunghi
periodi. A noi, invece, che ci nutriamo con cibi vari, con numerose
ghiottonerie e bevande diverse, conviene controllarci, in modo che
l'eccesso non ci faccia male e che, soprattutto diminuendo le
quantità, restiamo in salute. Se poi qualcuno è
irresistibilmente attratto da qualche cibo, si assicuri intanto che sia
un piatto ben preparato e si limiti solo a piccoli assaggi di altre
portate, in modo da trarre giovamento da quello che ha mangiato prima:
solo così potrà digerire bene”.
Da questa visione ancora tipicamente greca del mondo e delle sue
diversità scaturisce una teoria, per altro non nuova, in forza
della quale la varietà alimentare e la complessità della
preparazione dei cibi impongono l'esigenza di mettere ordine nel
menù. L'amore per la buona tavola non può e non deve
essere gozzoviglia disordinata ma misura, attenzione alla
qualità delle portate, rapporto corretto tra quello che si
mangia e quello che si beve.
Antimo, come si è detto, è un bizantino, tuttavia quando
scrive l'epistula ha una conoscenza diretta non solamente delle usanze
mediterranee ma anche di quelle germaniche, avendo soggiornato a lungo
tra gli ostrogoti e i franchi, al cui re Teodorico figlio ed erede di
Clodoveo è indirizzata la missiva.
Dal Mediterraneo arriva il primo alimento trattato nel De Observatione:
il pane di frumento, sempre preferibile quello di farina di orzo o di
spelta, il cui uso è molto più diffuso tra i barbari.
La ferma rivendicazione del primato del pane di frumento e delle
modalità di cottura che gli sono proprie dice dell'ancoraggio
dell'autore ai valori della sua tradizione ellenica.
Qualsiasi cuoco romano avesse letto questo manuale si sarebbe
meravigliato non poco del fatto che la came di cui si parla è
quella di vacca, ma proprio questo è il segno che Antimo si sta
rivolgendo a qualcuno che è al di là delle Alpi. Per
converso, le modalità di preparazione (decisiva la bollitura),
gli aromi, gli accoppiamenti (l'agrodolce aceto miele), la presenza del
vino tra gli ingredienti, derivano da una civiltà gastronomica
che è al di qua delle Alpi e si è affinata nel corso di
secoli di interazione tra i cuochi e i loro clienti.
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/medioevale/letteratura/De-observatione-ciborum---Antimo.html
- 2008
TaccuiniStorici.it testata di Alex Revelli Sorini - Rivista
multimediale curata in collaborazione con l' Accademia Italiana
Gastronomia Storica dove si propongono storie e tradizioni della
cultura gastronomica mediterranea.
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